
Ezra Pound in una foto del 1920
Ezra Pound il vate!, l’artista scomodo etichettato e strumentalizzato da tutti.
Il grande poeta Ezra Pound, scomodo al liberismo imperante di questi anni, viene ancora una volta chiuso in gabbia, emarginato o etichettato come fascista, quando invece il suo messaggio universale è più attuale che mai, i versi di Ezra Pound suonano infatti come un grido di disperazione in questo mondo che fa dello sfruttamento del lavoro, delle risorse del pianeta e dell’accumulazione del denaro, l’unico scopo dell’esistenza umana.
Sbaglia chi lo legge solo perché lo considera fascista e vuole trovare nelle sue parole la conferma ad un’ideologia politica che non c’è nella sua opera letteraria, sbaglia chi non lo legge perché lo considera fascista e si rifiuta di riconoscere il valore universale della sua poesia e del suo credo e sbaglia il giornalista e scrittore Pierluigi Battista del Corriere della Sera a sottolineare l’attaccamento al fascismo di Pound quando il suo era solo un sentimento di repulsione verso quel mondo del capitalismo trionfante che aveva distrutto l’America e rinnegato i valori dei suoi Padri fondatori, sentimento quanto mai diffuso e di sconcertante attualità.
Leggiamo queste due Poesie, la prima è un atto di denuncia contro il capitalismo e la finanza imperante che già negli anni trenta segnava un inesorabile declino dei valori dell’Occidente, dalla sensibilità del vate cogliamo un mondo perduto per sempre, immolato sull’altare del Dio denaro, dell’usura e del produrre per “vendere e vendere presto e con profitto, peccato e contro natura”.
USURA Con Usura nessuno ha una solida casa di pietra squadrata e liscia per istoriarne la facciata, con usura non v’è chiesa con affreschi di paradiso harpes et luz e l’Annunciazione dell’Angelo con le aureole sbalzate, con usura nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine non si dipinge per tenersi arte in casa ma per vendere e vendere presto e con profitto, peccato contro natura, il tuo pane sarà straccio vieto arido come carta, senza segala né farina di grano duro, usura appesantisce il tratto, falsa i confini, con usura nessuno trova residenza amena. Si priva lo scalpellino della pietra, il tessitore del telaio CON USURA la lana non giunge al mercato e le pecore non rendono peggio della peste è l’usura, spunta l’ago in mano alle fanciulle e confonde chi fila. Pietro Lombardo non si fé con l’usura Duccio non si fé con l’usura né Piero della Francesca o Zuan Bellini né fu “La Calunnia” dipinta con usura. L’Angelico non si fé con usura, né Ambrogio de Praedis, nessuna chiesa di pietra viva firmata :”Adamo me fecit”. Con l’usura non sorse Saint Trophine e Saint Hilaire, Usura arrugginisce il cesello arrugginisce arte ed artigiano tarla la tela nel telaio, non lascia tempo per apprendere l’arte d’intessere oro nell’ordito; l’azzurro s’incancrena con l’usura; non si ricama in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling usura soffoca il figlio nel ventre arresta il giovane drudo cede il letto a vecchi decrepiti, si frappone tra giovani sposi CONTRO NATURA Ad Eleusi han portato puttane carogne crapulano ospiti d’usura.La seconda poesia è l’ormai famoso Testamento spirituale del vate, è un atto di mesta quiescenza che esplora il percorso dell’uomo su questa terra, descrivendone la sua impotenza e la sua arroganza epistemica.
IL TESTAMENTO SPIRITUALE Quello che sai amare rimane, il resto è scoria quello che veramente ami non ti sarà strappato quello che veramente ami è la tua vera eredità il mondo a chi appartiene a me, a loro o a nessuno? Prima venne il visibile, quindi il palpabile elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno quello che veramente ami è la tua vera eredità strappa da te la vanità non fu l’uomo che creò il coraggio, o l’ordine o la grazia strappa da te la vanità ti dico strappala cerca nel verde mondo quale luogo possa essere il tuo per raggiungere l’invenzione o nella vera abiità dell’artefice strappa da te la vanità ok strappala il casco verde h a vinto la tua eleganza, dominati e gli altri ti sopporteranno. Strappa da te la vanità, sei un cane bastonato sotto la grandine, una pica rigonfia in un spasimo di sole, metà nero metà bianco ne distingui un’ala da una coda. Strappa da te la vanità, come sono meschini i tuoi rancori intriti di falsità strappa da te la vanità, avido di distruggere, avaro di carità strappa da te la vanità, ti dico strappala, ma avere fatto, in luogo di non avere fatto, questa non è vanità, avere con discrezione bussato perchè un blent aprisse, aver raccolto dal vento una tradizione viva, o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata, questa non è vanità perché qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece evitare—